Una riflessione sui vaccini antiinfluenzali

“Vaccinatevi!” è l’imperativo che rimbalza su giornali e televisioni alla fine dell’estate, puntuale come la scadenza di una rata, ricorrente come il campionato di calcio.

Chi ha dimenticato gli appelli di due anni fa per non confondere l’influenza con la SARS viene oggi assalito dal dubbio che forse è meglio il vaccino che essere esposto al rischio dell’influenza aviaria.

E a questo categorico richiamo nessun bimbo dovrebbe sfuggire: anche se le raccomandazioni ufficiali consigliano la vaccinazione solo per bambini con grave patologia di base, si avanza l’ipotesi di vaccinare i bambini sani di età compresa tra i 6 ed i 23 mesi, con l’obiettivo di ridurre le patologie invernali, tralasciando di dire che la vaccinazione antinfluenzale può avere efficacia protettiva solo nei confronti dei ceppi virali di cui il vaccino è costituito e che la predizione di quale sarà il virus predominante nella stagione influenzale in arrivo non sempre risulta corretta.

I bambini, specialmente se frequentano asili e scuole materne, si ammalano spesso e la vaccinazione anti-influenzale non comporterà alcuna diminuizione, né di intensità né di numero, delle comuni infezioni delle vie aeree superiori possibili durante i mesi freddi, perché il vaccino contro l’influenza non ha effetto alcuno sui circa 500 (tra tipi e sottotipi) virus che sono capaci di infettare i bambini nei primi anni di vita, per cui statisticamente non avremo alcuna modificazione alla loro tendenza ad ammalarsi.

Ricercatori della Cochrane Vaccines Field in collaborazione con l’Università di Oxford hanno valutato l’efficacy (riduzione dei casi confermati in laboratorio) e l’effectiveness (riduzione dei casi sintomatici) dei vaccini antinfluenzali inattivati o vivi attenuati nei bambini fino a 16 anni di età. Sono stati analizzati 14 studi clinici controllati, randomizzati, 8 studi di coorte, 1 studio caso-controllo e 1 studio controllato, randomizzato, di somministrazione intraepidermica del vaccino per concludere che “l’efficacia nei bambini piccoli è assolutamente non provata. Al massimo può favorire nei bambini più grandi una riduzione della lunghezza delle assenze scolastiche. I risultati sollevano dubbi sulla opportunità di effettuare un programma di vaccinazione anti-influnzale estesa dei bambini senza prove adeguate che questa funzioni o sia interamente sicura”.

E a proposito di sicurezza, ricordiamo che oltre a reazioni locali (arrossamento, dolore, tumefazione, indurimento e prurito in sede di inoculo) sono segnalate importanti reazioni di ordine generale, quali febbre, malessere, mialgie, orticaria, angioedema, asma allergica, anafilassi sistemica, neuropatia ottica ischemica, neurite ottica, sindrome oculo-respiratoria, poliangite microscopica, eritromelalgia, sindrome di Guillan Barrè, paralisi del faciale.

L’aumento del numero delle vaccinazioni praticate ai bambini è una delle cause dell’incremento delle allergie pediatriche ed esiste la possibilità che la vaccinazione scateni l’autoimmunità in individui geneticamente predisposti.

Credo che sia importante diffidare da una informazione parziale e aggressiva e che sia utile condannare la protervia commerciale che cerca di nascondere le verità scientifiche che tanto difende, quando diventano scomode.

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