“Di fronte alla presente situazione di preoccupazione della cittadinanza per l’inusuale aumento dei casi di meningite C, nel dichiarare la propria completa disponibilità alla Regione per sostenere il gravoso impegno del Servizio Sanitario Nazionale e a collaborare ad ogni iniziativa di tutela della salute della popolazione, ricordano ai medici la necessità di sottoporsi essi stessi alla vaccinazione e riaffermano il dovere deontologico e l’obbligo contrattuale dei colleghi di collaborare con i servizi preposti sia alla vaccinazione della popolazione che all’importante opera di corretta informazione della cittadinanza”.
Questa la presa di posizione dei Consigli degli Ordini dei Medici di Firenze e Prato intervenuti sulla questione dei vaccini contro la meningite.
“Un procedimento disciplinare per i medici di famiglia che non vaccinano”, ha annunciato il presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze Antonio Panti.
Una presa di posizione decisa che sembra aver prodotto i suoi effetti. Da quando Antonio Panti si è così espresso, il numero dei professionisti fiorentini che aderiscono alla campagna vaccinale è improvvisamente aumentato salendo da 285 a 360 su 610, superando così il 50% del totale. Questi medici hanno cambiato idea basandosi su evidenze scientifiche o.. qualcos’altro?
L’11 febbraio un articolo pubblicato da Repubblica.it (edizione di Firenze) riportava le motivazioni dei medici di famiglia che avevano spiegato di non partecipare perché la somministrazione in ambulatorio fa perdere tempo ed “è pure rischioso”.
“In passato ho avuto problemi legali con dei pazienti a causa di reazioni avverse da vaccino nemmeno particolarmente gravi — racconta a Repubblica.it un medico — Per questo preferisco non farle”.
“A vaccinare la gente si corrono rischi e non ci sono particolari ritorni economici”, spiega un altro dottore. “E non ci dimentichiamo che bisogna anche avere tutta l’attrezzatura in ambulatorio nel caso di reazione allergica, oltre a varie attrezzature specifiche come ad esempio il frigorifero”.
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