Negli Stati Uniti molti pediatri ricusano e rifiutano l’assistenza a famiglie contrarie alle vaccinazioni pediatriche

A firma Diana Swift è comparso, su Medscape pediatrics, un interessante (ed inquietante) articolo riguardante questo argomento. La sintesi: “Praticamente ogni medico incontra genitori che rifiutano le vaccinazioni pediatriche e circa il 20% dei pediatri li ricusano e rifiutano loro assistenza contrariamente a quanto stabilito nel 2005, e ribadito nel 2013, dalle linee guida della American Academy of Pediatrics. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato online su Pediatrics il 2/11/2015. Le dinamiche di tale rifiuto di cura sono complesse, variano da regione a regione e a seconda della specialità”.

Questo articolo ha avviato un lungo ed acceso dibattito nel quale, a fianco di alcuni commenti guidati dal ragionamento e dal possibilismo, sono comparse le vere ragioni di tale situazione di rifiuto di cure: la paura di essere chiamati in giudizio, in quanto curanti, nel caso in cui, accettando il rifiuto delle vaccinazioni, i bambini si fossero ammalati o avessero avuto complicanze.

Non ho potuto fare a meno di intervenire perché l’argomento mi sta particolarmente a cuore e perché, soprattutto, le contraddizioni esistenti nella società americana forse debbono essere sottolineate proprio agli americani stessi i quali, probabilmente per abitudine o superficialità, non riescono ad individuarle.

Tra i tanti commenti dei colleghi statunitensi due in particolare mi hanno colpito (e per questo li ho citati nei miei interventi nel dibattito) per il buonsenso:

Dr. Robert Tibbs: “Pratico da vent’anni in regime di libera professione e in luoghi rurali: Posso essere d’accordo sul fatto che la fiducia, nel rapporto medico/paziente, è terribilmente importante nella nostra professione ma non so se la cieca aderenza alle indicazioni sia un requisito. Tutti sappiamo che i benefici dei vaccini superano le eventuali complicanze ma ci sono persone, intelligenti e istruite, che semplicemente non accettano questo dato a dispetto di ogni possibile spiegazione o argomentazione: semplicemente non cambieranno idea. Quello che non capisco è che cosa ci si guadagna a ricusare pazienti la cui fiducia nel loro medico è totale in ogni altro aspetto dell’assistenza”.

Dr. James Weber: “Qualcuno, per favore, mi dica da quando il counselling medico è diventato un “dogma indiscutibile”. Ho sempre pensato che il compito del medico sia di consigliare le persone circa i loro problemi di salute. Mi devo essere perso la parte in cui la gente deve essere obbligata a seguire le indicazioni”

Qui di seguito riporterò in sintesi (tradotti ovviamente) i miei interventi nel dibattito, che possono essere utili per chiarire la mia posizione e la mia filosofia a riguardo.

Seguendo il giuramento di Ippocrate un medico ha sempre il compito di curare qualsiasi sia la situazione in cui si trova ad operare, nonostante le sue personali convinzioni e chiunque sia la persona che richiede il suo aiuto. Un paziente che rifiuta una procedura medica dovrebbe dunque essere semplicemente sostenuto con mezzi alternativi, non abbandonato o trascurato. Nel campo dei vaccini questa regola penso debba essere mantenuta valida: se non ci sono mezzi per convincere all’attuazione della procedura si dovrebbe intervenire con altri presidi: nutrizione, igiene di vita, evitamento di comportamenti o ambienti a rischio, ecc.

Questa forma di prevenzione è ugualmente, se non di più, efficace rispetto ad un vaccino. Si può essere o meno d’accordo con un paziente che ha opinioni differenti ma il compito del medico è sempre e comunque quello di prendersi cura ed aiutare. Forse per alcuni di noi ricusare un paziente disobbediente è semplicemente la via più facile per evitare citazioni in giudizio in caso di complicanze ma tutti noi sappiamo che, anche in caso di assenso, il consenso informato può essere revocato.

Se ricuso un paziente che non vuole vaccinarsi forse che questi, dopo il mio abbandono, cambierà idea? Certamente no: continuerà la propria vita quotidiana tra la gente e, peggio, la sua salute complessiva potrà essere compromessa dalla mia decisione (visto che non avrà più controllo medico). Non sarebbe meglio, invece che ricusarlo, restare a sua disposizione ed aiutarlo in modi diversi per evitargli problemi ed eventuali estensioni degli stessi alle persone che hanno contatto con lui?

A chi ha detto “Io sono il capitano della nave: chi è sulla nave deve obbedire” rispondo che il medico NON E’ IL CAPITANO DI UNA NAVE PIENA DI PAZIENTI: il medico è semplicemente la nave guida di una flotta di tante piccole imbarcazioni che lo seguono ma sono libere di deviare dalla rotta se ritengono che questa sia troppo rigida. Certamente vogliono tutti raggiungere la stessa meta (la salute) ma ognuno è libero di modificare il percorso in certe situazioni. In ogni caso il medico, in quanto “capitano”, ha il compito di rendere sicura la navigazione di tutti. Una deviazione dalla rotta quindi non giustifica l’abbandono in alto mare.

L’UNESCO ha detto molto in merito alle moderne regole del rapporto medico/paziente e all’autodeterminazione dei pazienti sottolineando il concetto di informazione e rispetto delle decisioni del paziente stesso (empowerment). Parlare e spiegare non sono mai perdite di tempo. Inoltre: siamo proprio certi che tutte le vaccinazioni proposte siano proprio così indispensabili quando lo stesso Center for Disease Control (Atlanta) è il primo a dire che per le facoltative le indicazioni riposano sulle condizioni specifiche del singolo individuo? Questo significa che non è certo necessario vaccinare tutti con tutti i vaccini possibili.

Ricusare un paziente negli Stati Uniti è come innescare una bomba: non c’è un sistema sanitario universale e gratuito come qui in Italia. E’ stato calcolato che il 26% degli americani NON HA ALCUNA ASSISTENZA MEDICA ed in questa categoria ci sono gli elementi che costituiscono la fonte principale di rischio per la popolazione (malattie infettive, carenza di igiene, malnutrizione, ecc.).

In America c’è il terrore delle malattie infettive? Bene: alcuni numeri. Il 35% della popolazione americana è obesa (contro il 13% della popolazione italiana…che sta però peggiorando visto che inizia a seguire i trend americani) e questo dato affligge poveri, non scolarizzati, e minoranze etniche. L’obesità è responsabile del 2-8% di tutti i costi sanitari e del 10-13% di tutte le morti. QUESTA E’ UNA EPIDEMIA, non il morbillo o la rosolia nelle quali le percentuali di incidenza sono calcolate per 100.000 e non per 100! Il problema è che educare la gente alla prevenzione costa e non garantisce ritorni di denaro. Inoltre quella dell’obesità è un’industria che fa fiorire il business del junk food: chi ha interesse a farla diminuire? Il morbillo (è un esempio tra i tanti) invece è molto meno pericoloso in termini di salute pubblica ma la politica del terrore nei suoi confronti fa fiorire il mercato dei vaccini e lo trasforma in un cespite di guadagno.

La causa principale della crescita esponenziale della spesa sanitaria in tutti i Paesi è la medicina difensiva (operare solo per salvaguardarsi e non per il bene del paziente): voltare lo sguardo per non vedere questa realtà è sbagliato. Ognuno deve prendersi le sue responsabilità in ambito sociale e quelle del medico devono essere assunte nonostante l’eventuale ignoranza o resistenza dei suoi assistiti. E’ una questione di umanità e civiltà.

Bene: qui termino di riferire ciò che ho detto nella platea internazionale di Medscape. Pubblico queste riflessioni sperando che possano servire come spunto per capire qualcosa in più sulla strana società n
ella quale viviamo.

 

Fonte: Blog di Stefano Tasca

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