Il “tema” vaccini aveva, e ha, implicazioni mediche, sanitarie, scientifiche, sociali, culturali, politiche, economiche. Perciò si prestava – oggettivamente – ad un ampio confronto che non poteva (e non può), essere circoscritto. Ma ha dovuto fre i conti con posizioni estremiste da una parte e dall’altra, lasciando poco spazio ai tentativi, che non sono mancati, di mediazione.
Una parte del mondo scientifico l’ha usato per creare barriere – apparentemente insormontabili – sostenendo che si tratta di un argomento del quale possono discutere solo le persone con studi adeguati alle spalle. E sono le stesse persone che hanno noiosamente e continuamente fatto i soliti esempi da prima elementare – 2+2 fa 4, la Terra non è piatta…- per ripetere che la scienza non si discute, che non è democratica.
Questa sorta di mantra esoterico, lo sento dire da almeno vent’anni, quando scoppiò il caso Di Bella, quel curioso professore e ricercatore, che studiò e rese pubblica una “multiterapia” che aveva come obiettivo la lotta al cancro, una malattia troppo mortale, allora come oggi. Fu il professor Veronesi – proprio grazie alla sua concezione laica, democratica della scienza – a sostenere cbe la multiterapia Di Bella andava approfondita, dando così via libera alla sperimentazione, che comunque fallì.
La cantilena sulla scienza non democratica, riaffiora ogni volta che viene contestata, a torto o a ragione, la cosidetta scienza ufficiale. Un’affermazione che crea o alimenta una posizione di netta chiusura, dettata dalla confusione, quando si è in buona fede, perché si scambia il metodo scientifico, che non può che essere rigoroso rispondendo a determinate regole, con l’applicazione scientifica. Dimenticando oltretutto – o facendo finta di dimenticare – che ci stiamo muovendo, con i vaccini, nel campo strettamente medico. E la medicina, la cura dei malati, non è una scienza esatta, non è un calcolo geometrico o una formula matematica.
Proprio la “guerra” – molto poco santa – sulle vaccinazioni ha messo fortemente in crisi una concezione elitaria, arretrata, anti storica e fuorviante della scienza. Non a caso i vaccini sono diventati una questione nazionale, sulla quale tutti avevano – e hanno – diritto di parola. Perché se si minaccia di togliere la patria potestà a genitori perplessi o contrari, non si può proprio pretendere che tante madri e tanti padri restino in silenzio, ubbidienti e ligi nei confronti di misure condiderate violente. E se un assessore qualsiasi (spesso senza titoli – come la ministra della Salute d’altronde – e di nomina politica) vuole chiudere gli asili ai non vaccinati, come si può pensare che una decisione di salute pubblica non venga discussa dalla comunità intera? Se oltretutto il Parlamento approva una normativa sanitaria/medica/scientifica a maggioranza, come si può sostenere – senza cadere nel ridicolo – che non è una questione democratica?
Probabilmente qualcuno dovrebbe specificare se si tratta di posizioni astratte o no. Ma anche se restiamo dentro il recinto della ricerca (“i vaccini sono sicuri e su questo non c’è discussione”: è la tesi dei tifosi della scienza intoccabile), bisognerebbe ricordare quello che scriveva Karl Popper, quasi sessant’anni fa, nella Logica della scoperta scientifica: “La scienza non è un insieme di asserzioni certe, o stabilite una volta per tutte, e non è neppure un sistema che avanzi costantemente verso uno stato definitivo. La nostra scienza non è conoscenza: non può mai pretendere di aver raggiunto la verità, e neppure un sostituto della verità come la probabilità”. (Su Wikipedia trovate questo ragionamento).
Fatto è che si sono volute imporre le vaccinazioni non per il loro valore medico/sanitario, profondo e importante, ma come verità assoluta, indubitabile. La laicità della terapia viene così affossata. E la scienza diventa il bene. Sempre e comunque. Mettendosi sullo stesso piano di quelle religioni che si collocano sopra il tutto. L’integralismo religioso appare dunque speculare dell’integralismo scientifico. Che strumentalizza il rigore del metodo per indicare alla comunità nazionale che esistono tante, troppe persone, nemiche del sapere, della conoscenza. Volendo far credere che da una parte ci sono i saggi, dall’altra il popolo bue, ignorante. (Questa analoga dicotomia – la riporto come dato di fatto – c’è anche nella politica e nella società italiane con una classe dirigente magari fallace e si ritiene però sapiente, e un popolo di imbecilli e stupidi che si informa sul web e si fa moltiplicatore della bufale mediatiche. Lo scontro – o la mancanza di incontro – è nelle cose).
Così come non c’è dubbio sul fatto che una visione elitaria della scienza crea più malumori che simpatie, è altrettanto vero che negli ultimi tempi ha preso piede anche, e sottolineo anche, un atteggiamento fortemente antiscientifico. Che si può ascrivere solo in parte ai no-vaxx, almeno quelli totalmente convinti che vaccinarsi faccia più male che bene. Chi, come il sottoscritto, ritiene che sia importante l’informazione per convincere gli esitanti e i dubbiosi, deve anche prendere atto che contro alcune posizioni estreme non c’è possibilità di discussione. Nei mesi scorsi ho partecipato più volte ai sit-in e alle proteste del “movimento vaccini”, e mi è capitato di discutere anche vivacemente con genitori che non solo temono i vaccini ma li considerano pericolosi. Altri ne hanno paura, per esperienza diretta, oppure perché conoscono persone – che ci sono – che hanno subito danni da vaccino (e chi li nega è solo uno sciocco: non a caso è stato incrementato il fondo ad hoc, perché se aumenta il numero degli obblighi, è alquanto logico prevedere che possano aumentare gli “incidenti di percorso”).
Poi ci sono i complottisti, i quali sono certi che le politiche vaccinali facciano solo gli interessi delle multinazionali e che, intorno a Big Pharma, si muova soprattutto l’area della corruzione. Personalmente credo poco ai complotti, ma stando ai fatti le cronache ci raccontano spesso di scandali dettati e causati dalle aziende farmaceutiche che, prima di qualsiasi altra cosa, pensano al profitto. (Obiettivo di per sé non sbagliato: resta da capire come viene raggiunto). Infine c’è il grosso della contestazione, sulla quale scriverò prossimamente.
Chi vuole ridurre questa vasta area ad un unicum di incultura sbaglia completamente. Come sbaglia chi lo ascrive ad un presunto analfabetismo digitale e funzionale, che si basa sulle informazioni elementari raccolte attraverso la Rete, mescolando insieme comportamenti e opinioni che appartengono a periodi diverse e hanno storie completamente diverse.
Ad esempio l’interesse nei confronti delle Medicine non convenzionali ha una storia antica, che nulla può avere a che fare con il web, visto che l’omeopatia – per citare il metodo di cura più criticato – ha radici centenarie e si colloca in quell’area dove non c’è rifiuto scientifico tout court (gli omeopati sono laureati in medicina e hanno studiato per altri 4 anni la MNC), ma la presa d’atto dei limiti della medicina tradizionale o allopatica che dir si voglia. Come altrimenti non c’è dubbio che le “altre” medicine iniziano a prendere piede a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, quando esplode la cosiddetta “cultura alternativa”.
Mettere il professor Luigi Di Bella sul piano della stregoneria, è un’altra sciocchezza sesquipedale. Innanzitutto perché la sua multi terapia “rubava” qualcosa anche alla chemio. E poi non possiamo sottovalutare il fatto che di cancro muoiono troppe persone, visto che le cure attuali (chirurgia, chemioterapia, radioterapia…), riescono ad avere effetto per una persona su due malate di tumore. Pertanto chi si trincera dietro la cultura del web sbaglia storicamente – i social si sono sviluppati negli ultimi anni – e praticamente, perché le motivazioni verso nuove esperienze hanno ragioni più complesse.
Ecco perché il “caso vaccini” non può essere semplificato. E per fortuna non tutti gli scienziati e i ricercatori, si comportano da casta, da strenui difensori del potere acquisito grazie alla lettura di qualche libro in più. La Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia ha prodotto un documento – purtroppo a tempo scaduto, dopo l’approvazione della legge – interessante e che permette di riflettere sul futuro. Per esempio quando sostiene che “servirebbe molto alla scienza e alla ricostruzione di un rapporto di fiducia con ampie fasce della popolazione, l’istituzione di una Commissione di valutazione e controllo sui vaccini indipendente e cioè composta da ricercatori, scienziati ed esperti di politica sanitaria che non abbiano legami con l’industria e con le associazioni professionali”. Il modello è la Task Force statunitense (USTFP), che si occupa di prevenzione senza alcun legame con l’industia farmaceutica. Buona idea. E le associazioni di cittadini le lasciamo da parte?
Le posizioni ragionevoli non sono comunque mancate, ma hanno ottenuto poco ascolto. Perché il livello dello scontro è stato troppo alto. E le modifiche al decreto, rispetto alla prima versione, non sono state introdotte grazie ad un lavoro di opposizione critica, ma perché alcuni punti erano oggettivamente impraticabili e violenti.
Disclaimer
Le informazioni contenute in questo articolo sono puramente divulgative. Tutte le eventuali terapie, trattamenti o interventi energetici di qualsiasi natura che qui dovessero essere citati devono essere sottoposti al diretto giudizio di un medico. Niente di ciò che viene descritto in questo articolo deve essere utilizzato dal lettore o da chiunque altro a scopo diagnostico o terapeutico per qualsiasi malattia o condizione fisica. L’Autore e l’Editore non si assumono la responsabilità per eventuali effetti negativi causati dall’uso o dal cattivo uso delle informazioni qui contenute. Nel caso questo articolo fosse, a nostra insaputa, protetto da copyright, su segnalazione, provvederemo subito a rimuoverlo. Questo sito non è da considerarsi una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con una frequenza costante e prestabilita. Gli articoli prodotti da noi sono coperti da copyright e non possono essere copiati senza nostra autorizzazione