Influenza e vaccinazioni obbligatorie. Etica suina?

La campagna mediatica terroristica inscenata in queste settimane sull’influenza AH1N1 è sconcertante sotto molti punti di vista.

Obiettivamente,
se si è curiosi e si vanno a cercare le notizie per provare a mettere
insieme un quadro ragionevole della situazione si trova subito una mole
di dati notevolmente contraddittori tra loro.

Se
alcune fonti parlano di difficoltà di infezione e trasmissione del
virus (per le sue caratteristiche biologiche) altre invece puntano il
dito proprio sulla estrema facilità di contagio che provocherebbe
“danni” quindi sulla quantità di popolazione infettata. Se leggiamo che
la mortalità è bassa e simile o addirittura inferiore a quella di un’influenza stagionale altri però sottolineano che potendosi verificare un contagio
più esteso di conseguenza ci sarà un numero di vittime superiore al
solito.

Se alcuni ci parlano di un vaccino che risolverà la questione, altri ci dicono pure che questo vaccino è
sviluppato basandosi su ceppi influenzali identificati nel maggio
scorso. E, come ci dicono altre fonti istituzionali autorevoli, il
pericolo del virus sta nel suo cambiamento.

Se
ora è più o meno inoffensivo, la mutazione naturale che ogni virus
compie nel suo ciclo biologico potrebbe renderlo molto più aggressivo e
mortale. Sorge quindi la domanda sull’utilità del vaccino basato sul virus precedente. Che ce ne facciamo poi? Senza contare che
ci sono anche altri medici che sostengono che vaccinare senza aver
sottoposto il vaccino stesso a un periodo di controllo e
farmacovigilanza (sugli effetti collaterali), così come dovrebbe essere
per legge, può essere anche più rischioso del contrarre la malattia
influenzale.

E
mi fermo qui senza approfondire le analisi di cospirazionisti vari che
parlano di terrorismo indotto finalizzato al business delle cause
farmaceutiche o addirittura di tentativo di riduzione della popolazione
mondiale per motivazioni più o meno eugenetiche o ecologiche da parte
di gruppi di potere planetari…Ovviamente la creatività umana ferve
sempre. E attualmente non è dato di sapere da che parte stia la verità.
Le multinazionali e i poteri forti dello Stato sono diventati davvero
molto bravi nei depistaggi delle reali motivazioni che muovono
rappresentazioni teatrali di portata planetaria come questa. Oppure, se
vogliamo essere più buoni, altra ipotesi, la diffusa psicolabilità e
fragilità individuale è diventata paranoia e disturbo maniacale di
un’intera società e i meccanismi che essi sono in grado di scatenare
sfuggono anche al controllo dei media e delle istituzioni stesse. La
gente vuole il vaccino, vuole salvarsi dall’angelo sterminatore che
viene. E allora diamoglielo.

Tutto nel frattempo, infatti, procede a spron battuto verso la vaccinazione obbligatoria o quasi. E milioni di dosi del farmaco vengono prenotate
dai governi presso le case farmaceutiche per garantire protezione alla
propria popolazione.

Ci
sono però alcune riflessioni di fondo che mi pare nessuno faccia. Sono
molto semplici e sembrano tuttavia rimosse dal contemplare umano
occidentale.

Una
è di chi è il corpo che portiamo in giro. Ossia nessuno si pone la
domanda se sia lecito o meno che uno Stato o un’organizzazione
internazionale abbiano il potere di decidere sul nostro organismo al di
sopra della volontà di chi lo incarna, in tutti i sensi che gli
vogliamo attribuire a seconda delle nostre credenze filosofiche e/o
religiose. La cosiddetta questione etica, tanto dibattuta in altri
ambiti scientifico-sanitari, di fronte al terrore abilmente indotto
svanisce. Virale o no, mortale o no, quello su cui tutti sorvolano è
perché mai qualcuno dovrebbe decidere per noi. Al giorno d’oggi può
sembrare addirittura un’affermazione eretica, ma la libertà di decidere
come morire o guarire (e cosa rischiare o meno) credo dovrebbe essere
solo nostra e di nessun altro. Ci sono dei padroni anche della nostra
vita? A chi la diamo in mano? A qualche ministro o sottosegretario di
turno? Li conosciamo? Sono affidabili? (si prega di trattenere le
risate sguaiate).

La
libertà di scelta terapeutica sarebbe un paletto imprescindibile di una
società veramente democratica. E questa libertà dovrebbe essere
esercitata sulla base di un’informazione veramente libera e
indipendente che offra, attraverso sue istituzioni sganciate da
qualsiasi potere di controllo politico od economico, una notevole
quantità di dati coi quali ognuno si possa costruire le proprie
opinioni personali e compiere le proprie scelte nel rispetto degli
altri. E qui non si dica che tali responsabilità che abbiamo nei
confronti degli altri sono le medesime che indurrebbero alla
vaccinazione coatta. È un ragionamento di dubbia onestà. Questa
motivazione viene solitamente finalizzata a coprire solo determinate
categorie di situazioni normali dell’esistenza. Solo per fare un
esempio, quando saliamo in macchina e partiamo baldanzosi in autostrada
per il fine settimana abbiamo molte più possibilità di uccidere o
ferire qualcuno (o noi stessi e i nostri cari) che non contagiandoli
con un’influenza. Però nessuno penserebbe mai di
impedirci di usare le nostre amate auto, strumenti di guerra e di morte
come non pochi. Nel nostro paese ci sono tra i 5000 e i 7000 morti
l’anno per incidente stradale, senza calcolare chi rimane rovinato per
la vita e senza contare chi svilupperà un cancro dall’inalazione di
particolato e sostanze chimiche emessi dai tubi di scappamento delle
nostre auto. Eppure questo è assolutamente funzionale al sistema e non
viene messo certo in discussione. Circolate, circolate che il PIL
sale… Ed è solo un esempio.

Ovviamente
questo è un terreno difficoltoso su cui muoversi. È il terreno della
riappropriazione della propria dignità e autopadronanza in quanto
esseri umani liberi. E non è una libertà che nuoce alla collettività.
Le soluzioni per evitare di nuocere agli altri con i nostri
comportamenti “individualistici” possono essere veramente moltissime e
più lungimiranti di quelle attuali utilizzate per coartare.
Dall’allevamento di animali in condizioni di salute e igiene superiori
(evitando di originare virus) al declassamento del denaro nella
classifica di importanza dell’esistenza umana (fine del business per il
business), dalla solidarietà inter- e intra-specie (vegetarianesimo,
accudimento ecc.) alla creazione di un vero sistema sanitario
preventivo sia dietetico che medico (rafforzamento del sistema
immunitario ecc.).

Se
è vero che la questione è senz’altro spinosa e di non facile attuazione
è però altrettanto vero che in questa posizione di bisogno di
indipendenza si intravede (e si sente a livello di consapevolezza
interiore) un barlume di verità. Il significato di salute andrebbe
ripensato sin dalle sue fondamenta, approdando a un concetto di tipo
positivo in cui la malattia è vista come sofferenza umana in tutti i
sensi e in tutti gli ambiti. Questo potrebbe aiutare nella direzione di
un ridimensionamento dell’ingerenza di classi di terapeuti nella vita
biologica e psicologica delle persone e di una delegittimazione della
professione medica e terapeutica in generale e della sua disgregazione.
Solo allora sarà possibile reinventare modalità autogestite e condivise
di cura tra consulenti della salute e cittadini-pazienti protagonisti e
non cavie a disposizione degli interessi più vari. La farmacrazia è
un’invenzione recente ma non obbligatoria. Possiamo scegliere altre
strade. Da un’etica suina a degli allevamenti di suini etici.

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