Herpes zoster: i vaccini possono trasformarti in “portatore” della malattia infettiva

Traduttore: Emanuela Lorenzi

L’herpes zoster, noto anche come “fuoco di Sant’Antonio”, farà ammalare circa 1 adulto su 3 nel corso della vita. Secondo le stime i casi di herpes zoster negli Stati Uniti ogni anno superano un milione di casi. Questa malattia è causata dal virus quiescente della varicella zoster  – lo stesso virus che provoca la varicella. È noto che una pregressa infezione di varicella mette a rischio di sviluppare herpes zoster in età avanzata. 
Ma sapevate che il vaccino contro l’herpes zoster potrebbe esporre qualcun altro al rischio di prendere la varicella?

Alcuni studi proprio su questo tema sono stati pubblicati nel 2011 dalla rivista scientifica The Journal of Infectious Diseases. L’eccezionale team di ricercatori comprendeva membri del centro spaziale della NASA Lyndon B. Johnson, del centro di scienza della salute dell’Università del Texas, della scuola di medicina dell’Università del Colorado e dei CDC.

Il team ha condotto un’analisi con 36 partecipanti maschi e femmine, tutti di età superiore a 60 anni. Inizialmente, tutti i soggetti hanno ricevuto un vaccino contro l’herpes-zoster che è stato messo a punto dal gigante farmaceutico Merck. Il vaccino, conosciuto come Zostavax, contiene il virus vivo attenuato della varicella-zoster (VZV).

Gli scienziati sottolineano che il foglietto illustrativo che accompagna il vaccino segnala che i riceventi dovrebbero evitare contatti con neonati, donne in gravidanza che non hanno avuto la varicella e soggetti immunocompromessi, per un periodo di tempo indeterminato successivamente all’inoculazione.

Dopo la somministrazione del vaccino ai partecipanti allo studio, sono stati prelevati campioni di pelle tramite tamponi nel sito di iniezione e campioni di saliva sono stati raccolti prima e dopo l’inoculazione. Dal giorno 1 al giorno 3, e nei giorni 7, 14, 21 e 28, sono stati prelevati campioni di saliva ogni mattina prima che i soggetti ingerissero cibi solidi o liquidi.

E che cosa hanno scoperto? Esattamente il 50 percento dei campioni di pelle prelevati nel sito di iniezione entro dieci minuti dall’inoculazione è risultato positivo al VZV. Il team afferma che questo potrebbe indicare la presenza della malattia infettiva sulla pelle entro pochi minuti dalla vaccinazione. 

Tra i campioni di saliva, nessuno è risultato positivo al VZV-DNA (test molecolare, ndt) immediatamente dopo la vaccinazione. Tuttavia, durante la prima settimana di prelievi salivari post-inoculazione, i campioni di 21 dei 36 partecipanti sono risultati positivi al VZV-DNA. Il giorno 14, il VZV è stato individuato in 11 partecipanti, e il giorno 21 è stato individuato in 10 campioni. Il giorno 28, il VZV restava presente solo in due dei partecipanti allo studio. Il DNA virale del VZV non è stato rilevato nella saliva di 15 partecipanti durante i 28 giorni dell’esperimento.

Secondo il team di ricercatori, la presenza di VZV-DNA nella saliva per ben 28 giorni dopo la vaccinazione significa che esiste la possibilità che le persone che hanno ricevuto recentemente il vaccino possano trasmettere il VZV ad altre persone.

Queste scoperte non sono in effetti così sorprendenti; la possibilità che i vaccini a virus vivi causino la malattia è semplicemente una cosa sottovalutata dalla popolazione. Il vaccino anti herpes zoster non è il solo a rivelarsi estremamente preoccupante; ci sono moltissime altre vaccinazioni in grado di diffondere la malattia.

Alcune organizzazioni sanitarie sembrano essere al corrente dei rischi dei vaccini, quantomeno per coloro che si trovano in condizioni sfavorevoli. Come sottolinea Mike Adams, per i pazienti immunocompromessi, la Guida del Paziente del Johns Hopkins raccomanda di evitare il contatto con bambini che sono stati recentemente vaccinati e di “Avvisare amici e famigliari malati o che si siano sottoposti recentemente ad un vaccino a virus vivo (come varicella, morbillo, rosolia, antinfluenzale per via nasale, polio o vaiolo) di non venire a fare visita.”

Al St. Jude, le stesse raccomandazioni vengono date ai bambini sottoposti a terapie oncologiche, ed è facile comprenderne il motivo. È scientificamente provato che quando una persona viene vaccinata tramite inoculazione di un virus vivo, essa continua a diffondere il virus per settimane.
E come sottolinea The Health Ranger, il rischio di trasmissione, e di conseguente infezione, vale per tutti – vaccinati o no.

Fonte: naturalnews

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