Dieci vaccinazioni obbligatorie e a quattro “consigliate attivamente”, sanzioni più basse per i genitori che non vaccinano e nessun riferimento alla perdita della patria potestà. È quanto prevedono i principali emendamenti approvati dalla Commissione Sanità del Senato al decreto vaccini.
Con le votazioni in piena notte della Commissione Sanità del Senato è stato dato il via libera, dopo quello ricevuto ieri dalla Commissione Bilancio, al testo 2 dell’emendamento della relatrice Patrizia Manassero (PD) che riduce le vaccinazioni obbligatorie da 12 a 10. A queste se ne aggiungono altre 4 “consigliate” attivamente dalle Asl con l’obiettivo di rafforzare la raccomandazione già contenuta nel Nuovo Piano di Prevenzione Vaccinale, anche se non collegate ad una sanzione: anti-meningococco B e C, anti-pneumococco e anti-rotavirus.
Importanti modifiche riguardano anche le multe ai genitori che non vaccinano: il tetto massimo scende da 7.500 a 3.500 euro, il minimo è fissato 500 euro e l’entità varia in base al numero di vaccinazioni omesse.
È stato eliminato inoltre dal testo il possibile ricorso al Tribunale dei Minori in caso di reiterata mancanza di risposta dei genitori alle sollecitazioni delle Asl. La Commissione Sanità concluderà oggi l’esame del provvedimento il cui arrivo in Aula a Palazzo Madama è previsto per la prossima settimana.
Intanto il governatore del Veneto Luca Zaia ha annunciato che la regione presenterà ricorso alla corte costituzionale contro il decreto sui vaccini. Dopo aver annunciato nelle scorse settimane l’eccezione di incostituzionalità Luca Zaia ha confermato: “Il ricorso è già scritto e sarà presentato a ore. Il Veneto non è contro i vaccini ma va avanti con il ricorso perchè siamo convinti che la coercizione e questa forma di obbligo creeranno ancora di più l’abbandono vaccinale”, ha spiegato Zaia, dopo aver votato contro al parere sul decreto.
“La Regione Veneto – ha aggiunto Zaia – è l’unica in Italia a non avere un modello di obbligo vaccinale, ma un obbligo di discutere con i genitori e le famiglie ed è un modello concordato a suo tempo col ministero della Salute. È un modello che hanno altri 15 paesi europei, tra cui la Germania, la Spagna, il Regno Unito e molti paesi del nord Europa”.
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