I cardini della comunicazione medico-paziente dovrebbero essere la chiarezza associata all’obiettività. La rassicurazione è l’elemento successivo ma non nel senso di minimizzare o considerare superficialmente eventuali problemi. Rassicurare significa dimostrare che si è compreso un problema e che ci si rende disponibili a fare tutto ciò che è necessario per risolverlo. In termini semplici occorre non far sentire soli i pazienti alle prese con i loro dubbi.
Personalmente tengo presenti questi punti chiave nella quotidianità dato che, seppure negli ultimi anni i pazienti si documentino autonomamente rispetto a patologie e strategie di prevenzione attraverso la rete (e spesso mettano in crisi con le loro domande puntuali e corrette), i mezzi a disposizione del non medico per decrittare linguaggi a volte troppo specialistici sono ben pochi ed occorre un mediatore dell’informazione.
In materia di vaccinazioni questo è assolutamente necessario dato che i genitori debbono decidere per la salute del figlio e quindi il coinvolgimento emotivo è molto maggiore rendendo difficile conservare obiettività. Anche nel passato ho scritto qualcosa sul tema, specialmente per ciò che attiene al sistema invalso di prendere direttamente appuntamenti per vaccini facoltativi (senza chiedere consenso e talora spacciandoli per obbligatori) o, nel caso in cui i genitori siano dubbiosi o contrari, cercare di convincerli attraverso l’evocazione di scenari apocalittici (suo figlio morirà o rimarrà invalido) o, peggio, mediante l’instillazione di sensi di colpa (voi siete sciagurati e non vi rendete conto del danno che state facendo a vostro figlio).
Posso capire: le campagne vaccinali richiedono un calore nella proposta particolarmente “bianco” e quindi chi è presente negli uffici vaccinali (non necessariamente medici) tende a seguire in maniera pedissequa l’ordine di vaccinare tutti e comunque. Posso anche capire che i colleghi di base siano inclini a caldeggiare a loro volta l’utilità delle vaccinazioni sulla spinta di indicazioni e linee guida. Quello che non capisco è perché farlo con modalità sbagliate e con toni a volte francamente discutibili permettendosi (e questo accade sempre più spesso) di criminalizzare coloro i quali, come me, tendono ad impostare l’argomento su un piano logico, rispettando la volontà di chi hanno di fronte.
I miei assistiti spesso tornano riferendomi di episodi vicini al vero e proprio litigio con gli addetti alle vaccinazioni. Con frasi minacciose e voci alterate addirittura arrivano a dire: “Chi è il suo pediatra? Possibile che non abbia insistito a farle fare il vaccino? Voglio sapere il nome!” quasi io fossi il responsabile di qualcosa di illecito e sia passibile di denuncia o esecrazione. Ultimamente sta accadendo qualcosa di quanto meno strano per ciò che riguarda la vaccinazione antimeningococcica tipo B. Capisco certamente che si tratta di un presidio in più ma chi segue la storia della profilassi antimeningite si è certamente reso conto di incongruità piuttosto vistose.
In Italia (che, vorrei ricordare, ha il più basso tasso di meningite dell’intera Europa) per anni è stato spinto il vaccino antimening. tipo C che, epidemiologicamente, è quello meno in causa nei nostri climi (circa il 30% in media) essendo più frequente nei Paesi anglosassoni. La vaccinazione è stata propagandata con molto calore senza pensare che il tipo B era quello più comune qui da noi e che quindi, anche statisticamente, vaccinarsi per il tipo C non era certamente risolutivo in merito al rischio di acquisire la malattia. Questo non è un’invenzione ma è riportato da Epicentro che fa capo all’Istituto Superiore di Sanità (accessibile mediante pochi secondi di ricerca con Google).
Da poco tempo è stato messo a punto il vaccino per il tipo B e, ho notato, per renderlo universale lo si spaccia come il “vaccino contro la meningite fulminante” quando in realtà la meningite fulminante non dipende dal tipo di agente ma dalla reattività dell’individuo che viene colpito e che può essere più o meno pronto ad evitare questa temibile complicanza (che può verificarsi con qualsiasi ceppo di meningococco).
I genitori, ovviamente, di fronte all’ipotesi di un dramma come la meningite fulminante, neanche discutono e raramente approfondiscono. Se lo facessero scoprirebbero (da un documento pubblico di Epicentro, sempre dell’ISS) che l’Italia ha un’incidenza media di circa lo 0,23 casi per 100.000/anno (con un picco di 3,7/100.000 al di sotto del primo anno di vita) e che quindi è al di fuori dei criteri per la vaccinazione di massa che indicano come necessaria la metodica qualora l’incidenza sia di almeno 10 casi per 100.000 in tre mesi consecutivi (un’incidenza del genere è tipica del Nord Africa).
Mi chiedo se le direttive che vengono date a chi consiglia di vaccinare e a chi è presente negli ambulatori dove vengono praticate le somministrazioni prevedano per protocollo questo atteggiamento aggressivo. E mi chiedo anche se chi è attore di questa propaganda sia cosciente del fatto che sta consigliando vaccini facoltativi (e quindi per definizione “rinunciabili” secondo scelta personale) facendoli subliminarmente divenire obbligatori attraverso strategie di persuasione che poco hanno a che fare con l’obiettività.
Mi chiedo poi, una volta convinti i genitori, se si rendono conto del fatto che devono far loro firmare una liberatoria ammettendo quindi implicitamente che la scelta è stata personale (e quindi le responsabilità siano a carico dei medesimi genitori) seppure, nei fatti, pilotata. E mi chiedo anche perché un cittadino della Repubblica Italiana di fronte alla facoltà di fare o non fare una cosa non obbligatoria debba essere inibito nella sua scelta e quindi deprivato di un diritto. Ed infine mi chiedo perché lo Stato Italiano, se veramente considera esiziale il non vaccinarsi con i facoltativi, semplicemente non li renda obbligatori.
In alcune regioni italiane le amministrazioni hanno reso facoltativi anche i vaccini prescritti per legge: allora? In ogni caso la percezione di un qualcosa di strano aleggia su questi vaccini: il costo ed il fatto che siano a carico del paziente. In tutti i Paesi Europei la facoltatività viene rispettata (seppure abbiano incidenze di patologia più alte dell’Italia).
Nel Regno Unito la somministrazione è subordinata al costo (dato che è immorale far pagare 130 euro a dose il meningo tipo B – o la metà se somministrato in Ufficio vaccinale – per 3 dosi da ingranare nel calendario vaccinale che comprende almeno altri 5 vaccini facoltativi che sono sempre a carico del paziente). Sono fondamentali come si dice? E allora si abbia il coraggio di renderli obbligatori ma totalmente a carico de SSN sia per ciò che attiene ai costi sia per quanto riguarda eventuali indennizzi per complicanze da vaccino. E si smetta di criminalizzare la gente che esercita il proprio diritto a scegliere.
Fonte: Blog di Stefano Tasca
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