I problemi: “Carenza di assistenza psichiatrica e manca l’accoglienza temporanea d’emergenza”
Tempo di restrizioni, di crisi, di tagli. E colpiti sono i più deboli, denuncia Tilde Gramegna Amore, presidente della Fondazione Autismo Insieme di Verona. “Siamo diventati monotoni, ossessivi, stereotipati, ripetitivi…insomma un po’ come gli autistici! Ed allora, lasciamo che parlino i veri autistici attraverso le proprie famiglie“.
L’autismo, spiega Tilde Amore, “è una patologia precoce del sistema nervoso centrale che determina una disabilità complessa e grave, la quale danneggia essenzialmente la comunicazione, il comportamento, la socializzazione, l’apprendimento. La condizione autistica, con vari livelli di gravità e di co-morbilità, colpisce con un’incidenza da non sottovalutare: uno su 150 nati, più del 6 per mille, in qualunque Paese del mondo. E non c’è cura: dura tutta la vita“.
Con il passare degli anni si sommano e si aggravano situazioni e bisogni che la famiglia sempre più logorata, non riesce più a sostenere, se non è affiancata da specifici servizi sia sociali che sanitari, gli unici che, insieme, lasciano intravedere il raggiungimento di una autonomia, piccola o grande che sia, e una migliore qualità di vita. “Occorre dunque intervenire” continua Tilde Amore, “e al più presto in due campi di azione complementari di emergenza, sia pure temporanea, per l’autistico adulto non autosufficiente che rimane solo, se un anziano genitore ha un improvviso malessere e deve allontanarsi da casa“.
Ma nel settore sanitario, le cose non vanno meglio, sostiene la presidente Amore: “Gli autistici adulti sono orfani di sanità da sempre. Fino ad oggi la persona con autismo, quando raggiunge l’età adulta, non riceve più servizi adeguati alla sua patologia dal sistema sanitario nazionale. Può però affrontare i suoi notevoli disturbi con bottiglie di sedativi da consumarsi in gocce lungo una quotidianità scandita da sofferenze, insonnie, depressioni, sfasci familiari da cui solo la morte può tirarti fuori e regalarti finalmente un po’ di pace. La verità è che per gli autistici adulti manca un riferimento sanitario, in quanto compiuti i 18 anni i servizi di neuropsichiatria infantile (Npi) non se ne occupano più e li consegnano al sociale, come se non ci fossero più bisogni sanitari. I Servizi di Psichiatria per adulti intervengono solo in casi estremi, come nelle agitazioni psicomotorie ingestibili, esercitando per altro una funzione di controllo sociale, piuttosto che un vero e proprio intervento sanitario. Anche i Dipartimenti di Salute mentale non si occupano di autismo in quanto non lo conoscono e sono attrezzati soltanto per le patologie psichiatriche nazionali“.
Si auspica pertanto, conclude Tilde Amore, “che i Dipartimenti di Salute Mentale si attrezzino nella gestione sanitaria dei pazienti autistici adulti, acquisendo specifiche competenze preventive, terapeutiche e riabilitative e non limitandosi ad intervenire solamente per tamponare gli stati di agitazione. Quest’ultimo aspetto riguarda in buona parte la responsabilità dei servizi sociali i quali coinvolgono i servizi psichiatrici solo nelle urgenze, non coinvolgendoli invece a livello preventivo e riabilitativo; e questo è il più grosso errore in quanto non avvertono la necessità di collaborare con i servizi psichiatrici se non quando si trovano in difficoltà. Tutto ciò ai danni della persona autistica adulta. Ma una bottiglia di sedativi può mai essere l’unico, infallibile, miracoloso “elisir di lunga vita” per i nostri figli?“.
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